Ospedale, reparto medicina generale.
Turno del mattino, entrata alle 7. Alle 7:03 mi avevano già chiamata tre campanelli. Un paziente che voleva sapere l’ora esatta “senza fidarsi del telefono”, una che chiedeva se poteva farsi lo shampoo e un altro che voleva il caffè “ma quello del bar, che quello della macchinetta gli fa tristezza”.

Ore 10. Arriva una signora in visita.
Si presenta alla postazione col tono di chi sta entrando in hotel:
“Salve, sono la figlia della signora Galli, vorrei parlare col medico.”
“Signora, il medico è in visita. Passa tra un’oretta, se vuole può aspettare.”
“Sì, ma io sono venuta APPOSTA.”
(E gli altri parenti che aspettano da stamattina col numeretto, secondo lei, stanno facendo picnic?)

Aspetta dieci minuti — DIECI — poi torna incavolata:
“Scusi eh, ma quanto ci mette ‘sto medico? Io c’ho da fare!”
(Anche lui, signora. Tipo salvare vite.)

Ore 11. Il clou.
Mi richiama la figlia, trafelata:
“Scusate, mia mamma mi ha detto che le avete dato la pasta a pranzo.”
“Sì, signora, era pasta con zucchine.”
“Ma lei la zucchina NON LA MANGIA. Ma dico io, gliel’avete chiesto? Perché a casa le faccio sempre il riso.”