Provo ad allungargli uno scontrino con un numero:
«Guardi, si prenda il numero, appena son pronti la chiamo.»
«Ah, perché fate pure ‘sta cosa dei numeri adesso? È una rosticceria, mica l’ambasciata!»
Respiro forte.
Alla fine prende il numero, sbuffa e va a sedersi su una panca, accanto a una signora con due sacchetti già pieni.
Passano sì e no sette minuti.
Arriva il momento dei polli. Lo chiamo.
Si alza come se avesse vinto qualcosa.
Gli faccio il suo pacco, glielo porgo.
Lui guarda dentro, annusa, fa una faccia soddisfatta. Poi fa:
«Oh… comunque ti stavo a prende in giro prima. Se non rompete un po’, che gusto c’è a venì qui?»
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