Era una di quelle domeniche tranquille solo sulla carta, quelle in cui il negozio è aperto, ma i call center lavorano a orario ridotto e ogni minima pratica che richiede supporto esterno diventa un piccolo test di pazienza.

Entra un ragazzo, sulla trentina, visibilmente scocciato: ha perso il telefono e vuole una sostituzione della SIM.
Gli spiego la procedura: serve un documento d’identità e almeno 15 euro di credito residuo, perché il costo della sostituzione sarà scalato direttamente da lì. Lui mi guarda, con un’aria tra il seccato e il confuso, e dice:
— “Eh… non so quanti soldi ho sulla SIM.”

A quel punto, devo per forza chiamare il supporto tecnico per verificare il saldo. Siamo di domenica, quindi so già che mi aspetta una lunga attesa. Il ragazzo, sentendo che la cosa non è immediata, decide di “mettersi comodo” e si piazza all’altro lato del negozio, mentre io gli chiedo di restare lì vicino per confermargli subito l’importo. La sua espressione dice chiaramente che la proposta non gli entusiasma, ma accetta con un mezzo sospiro.

Finalmente il supporto risponde: servono solo 10 euro di ricarica per arrivare alla cifra necessaria. Lui mi dà i soldi e… di nuovo si allontana, lasciando la postazione vuota. Non faccio in tempo a riprendere fiato che due clienti, vedendomi apparentemente libera, si avvicinano a farmi domande.