Questo fatto è durato mesi, fino a che mi sono stufato.

Un commesso di un esercizio commerciale mi conosce poiché circa quindici anni fa giocai in una compagine di Serie D.

Io lo conosco solo in quanto commesso (insomma, non siamo in confidenza e non ci siamo mai presentati). Già ai tempi in cui giocavo, tenevo un profilo basso (a differenza di altri giocatori di della stessa categoria che si atteggiano a star), evitando di fare il gradasso.

Ogni volta che mi recavo in quel negozio (che per me è comodo) il commesso mi faceva perdere almeno un quarto d’ora per parlare della locale squadra di calcio, ovviamente infischiandosene della coda che si veniva a creare e (soprattutto) facendomi perdere tempo.

Pochi giorni fa, ho dovuto con fermezza e garbo chiarire che in quei minuti lui era pagato (e penso fossero anche un modo per far passare il tempo e avvicinarsi all’orario di chiusura), mentre per me consistevano solamente in una vera e propria perdita di tempo.

Si è offeso: secondo lui, il parlarmi della squadra consisteva in un complimento nei miei confronti (in realtà, non si è mai congratulato – e nel caso lo avesse fatto mi avrebbe comunque dato fastidio – ma desiderava solo pareri sulle partite).

Piccola precisazione: a lui non mi sono mai presentato quale un ex calciatore e quando la cosa ha cominciato a diventare scocciante ho sempre cercato di chiudere garbatamente il discorso, ma senza risultato.

Adesso qualcuno affermerà che sono stato ingrato perché “i tifosi sono quelli che ti pagano lo stipendio”: a parte il fatto che non mi pagavano praticamente nulla poiché eravamo dilettanti, ma soprattutto,  quando uno (a distanza di anni dai fatti) non vuole interagire, sarebbe educato rispettare la sua scelta.

Nessuno è obbligato a dover chiacchierare.