Ferragosto non è un giorno.
È uno stato mentale.
È come il Black Friday, ma con ciabatte, broncio e sabbia ovunque.
Lavoro in un minimarket aperto solo d’estate, a due passi dal mare. Chi ci è stato sa che il 15 agosto è la vera prova del fuoco. Altro che Vigili del Fuoco: dovrebbero mandare noi in emergenza.
Ore 9:00: già fuori una coda che pare l’ingresso di un concerto. Entra una famiglia intera, coordinati come una squadra SWAT. “Tu prendi le birre, tu il ghiaccio, io il carbone”.
Lui, il capofamiglia, urla dal corridoio delle patatine:
– “Scusi signorina, avete i forchettoni lunghi per girare la carne?”
– “Sono finiti ieri, mi dispiace.”
– “E come facciamo adesso?”
E io, nella mia testa: “Magari con una forchetta normale? Una pala? L’istinto?”
Ore 10:30: entra una signora col costume ancora bagnato e la borsa frigo vuota.
– “Avete anguria già tagliata?”
– “No, solo intera.”
– “E come faccio a tagliarla in spiaggia?”
– “Con un coltello?”
– “Eh, ma io non lo porto mica, il coltello, in spiaggia!”
E io che pensavo che le persone portassero almeno la dignità, in spiaggia.
Ore 11:00: blackout parziale. Condizionatore che salta. 40 gradi dentro. Gente sudata che discute se le mozzarelle siano da frigo o da banco. Un tizio si è quasi infilato nella cella frigo “giusto per un attimo, eh?”
Ore 12:45: un cliente pretende di pagare con una banconota da 200€.
Per un pacco di ghiaccioli e una coca.
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