«Allora, ciao! Io lavoro in un negozio di giocattoli. Di quelli veri, con le corsie strette, i peluche appesi ovunque, e quel profumo misto plastica-gomma-chewing gum che ti rimanda subito a quando eri bambino.
Oggi è venuta una nonna. Gentilissima, eh, premurosa, ma completamente nel panico.
Doveva prendere un gioco per il nipote di sette anni. Io le chiedo: “Che interessi ha?”
Lei, serissima: “Eh… ha detto che vuole il cinghiale tascabile.”
Io ho smesso di respirare per tre secondi netti.
“Scusi?”
“Il cinghiale. Piccolo. Da portare in tasca. Ci gioca sempre, dice.”
Siamo stati dieci minuti buoni a cercare di decifrare.
Io che penso a Pokémon.
Lei che tira fuori una foto sfocata dallo schermo del telefono, con un’ombra marrone indistinta su un tappeto.
Alla fine capiamo che si trattava di un personaggio di un cartone… ma non era un cinghiale. Era un castoro. Di quelli kawaii, con la faccia tonda e i denti sporgenti. Ma lei niente: “Per me resta un cinghiale, che ci posso fare?”.
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