Gli propongo un test drive.
Ci va.
E lì comincia la poesia.
Fa un giro e torna dopo quaranta minuti.
Parcheggia come se fosse appena sceso da un jet privato.
Mi dice testuali parole:
“La macchina va bene. Ma non mi sento guardato abbastanza.”
GIURO.
Non visto.
Guardato.
A quel punto gli chiedo se vuole vedere altro.
Mi dice che ha bisogno di pensarci, “perché deve metabolizzare l’auto”.
Se ne va lasciandomi la stretta di mano più inutile dell’anno.
E appena esce, si ferma davanti a una Mini del 2010, la guarda come fosse arte contemporanea.
Io ho semplicemente spento il pc e sono andato in pausa.
Perché vendere auto è un mestiere.
Ma vendere autostima…
quello è un altro listino.»
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