Lavoro in un negozio di piante da interno. Un giorno entra questo ragazzo, sui trent’anni, aria da informatico in smart working, zaino in spalla e sguardo da “oggi mi rifaccio la giungla in salotto”.
Si avvicina e fa:
— Ciao, vorrei una pianta impossibile da uccidere. Tipo… a prova di idiota.
Sorrido.
— Proviamo con uno Zamioculcas. Quasi immortale. Basta non esagerare con l’acqua.
Lui mi guarda serio:
— L’ultima l’ho annaffiata… una volta sola. Poi, non so, è diventata molle, si è piegata su sé stessa e… addio.
— L’avrà annegata, probabilmente.
— No, l’ho solo guardata male, secondo me. Ho il pollice trasparente.
A quel punto gli spiego come funziona davvero l’irrigazione, la luce, i vasi col buco. Lui prende appunti sul cellulare come se stesse studiando per un esame.
— Ok. Mi prendo questa. E se muore, torno e mi arrendo al muschio finto.
Torna dopo due settimane. Felice come uno che ha finito un videogioco.
— Sta ancora viva! Ho parlato con lei, le ho messo Spotify con le playlist “piante felici” e l’ho ruotata a 45° ogni due giorni.
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