Lui prende un filo, piega, mi fa vedere.
Aveva ragione.
Aveva più mestiere in quelle mani che certi progettisti al computer.
Gli dico grazie.
Mi fa:
“Tranquillo. Mio figlio ha la tua età. Ma lavora in ufficio. Mi manca l’odore della calce.”
Abbiamo parlato dieci minuti.
Poi è tornato dietro la recinzione, come sempre.
Ma ora lo saluto io per primo.
Gli stereotipi li lasciamo a chi ha tempo.
Io oggi ho guadagnato un consiglio.
E forse, pure un nonno nuovo.
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