Lui tira fuori… un tesserino. Non un tesserino di polizia. No. Un tesserino dell’**associazione dei cacciatori amatoriali della bassa valle**. Ce lo mostra con orgoglio, come se fosse un lasciapassare universale.

— Vede? Io sono anche guardia volontaria. Un po’ colleghi, no?

Resto a fissarlo due secondi, cercando di capire se è una battuta. Non lo è.

— Signore, con tutto il rispetto… questo non è un tesserino valido per parcheggiare dove capita.
— Ma io lo uso solo quando porto mia figlia. E poi mica ci sto mezz’ora!

Mentre parla, dietro di noi si forma una coda. Un furgone cerca di passare, una mamma suona, un altro genitore sta discutendo con l’autista dello scuolabus perché “ha preso troppo spazio in curva”.

Alla fine, in tono fermo ma sempre educato, gli intimiamo di spostare l’auto. Lui sbuffa, torna indietro, risale in macchina e urla fuori dal finestrino:
— Ecco, bravi. Multate quelli che rubano, non i padri che portano i figli a scuola!