Oggi ho fatto un incontro ravvicinato del terzo tipo.
Specie rara, ma in aumento: l’imprenditore illuminato che entra nel supermercato solo per dimostrare quanto lui saprebbe fare tutto meglio.
Più veloce. Più efficiente. Più “smart”.

Entra vestito come se avesse appena venduto Google.
Si guarda intorno. Poi si avvicina, mentre sto riempiendo uno scaffale di passata, e senza nemmeno un “ciao” parte così:

“Scusi, ma perché avete questo layout così? Io nella mia azienda di logistica ho ottimizzato i percorsi con l’intelligenza artificiale. Con questi metri quadri, io vi aumenterei la produttività del 40%.”

Io lo guardo.
Gli sorrido.
E continuo a impilare bottiglie di pomodoro, mentre nella testa la voce fuori campo dice:

“Ti prego, fa’ che cada il cartellino ‘offerta’ proprio in quel momento. Sulla sua scarpa. Appena lucidate.”

Ma niente. Continua.

“E poi siete in troppi. Tre addetti solo in corsia? Ma fate rotazioni? Io nella mia azienda ho introdotto turni dinamici con KPI settimanali.”

A quel punto un collega, che si è appena staccato dal banco gastronomia, gli risponde pacifico:

“Eh certo. E se uno sviene perché ha fatto 11 ore senza pausa? Lo premi con un badge?”

Silenzio.
L’imprenditore-smart lo guarda con quell’aria che hanno certi clienti quando si accorgono che i “poveretti del supermercato” parlano meglio di loro.
Poi se ne va.