È martedì mattina, tranquillo ma non troppo. Sto sistemando le nuove collezioni sugli scaffali quando entra una signora con passo deciso e sguardo da “oggi mi sistemo una questione”.
In mano una busta di plastica (non la nostra) e dentro un paio di scarpe.
Si avvicina al banco e parte subito, senza saluto:
— *Scusi eh, queste scarpe me le avete vendute difettose.*
Le prende, le appoggia sul bancone come prova inconfutabile e aggiunge:
— *Le ho messe una volta sola e guardi qua, tutta la suola scollata. Manco le ciabatte al mare durano così poco.*
Guardo le scarpe.
Marca che non trattiamo.
Modello che non abbiamo mai avuto.
Fodera interna con il logo ben visibile di **un altro negozio del centro commerciale**, due piani sotto.
— *Signora, mi spiace… ma queste non sono scarpe che vendiamo noi.*
— *Ma cosa dice? Le ho prese qui! Sicurissima. Stava dietro il bancone una ragazza con i capelli scuri, maglietta nera… come la sua!*
(Spoiler: in negozio siamo in tre. Io, un collega maschio e una ragazza bionda. Nessuna maglietta nera.)
— *Mi creda, controlli pure lo scontrino. C’è il nome del negozio stampato sopra.*
Lo estrae dalla borsa con aria trionfante, tipo “adesso ti sistemo io”.
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