Gli chiediamo, inoltre, se davvero secondo lui essere cliente significhi poter insultare i commessi (dalla serie “il cliente vi paga lo stipendio dunque può dire ciò che vuole e dovete stare zitti”) pretendendo di aver ragione: i commessi sono “al servizio” ma non sono servi.
Al che, i clienti “fedelissimi” si rivolgono al cafone con frasi tipo:
“Ma non si vergogna? Cosa avrebbe potuto fare il camionista? Andare dai rapinatori e dir loro di farlo passare (chissà poi come, visto che la strada era stata da essi appositamente bloccata), rischiando di beccarsi una mitragliata? E poi, guardi che i commessi sono dei cittadini e lavoratori, non servi da insultare con la scusa che il cliente ha sempre ragione! Si vergogni”.
Il cliente cafone: “Io dico quello che penso”.
Io: “Ma non pensa a quello che dice”
Il cliente cafone: “Vado a protestare dal direttore”
Io: “E io vado a querelarla”
In quel momento, il direttore (che era nei paraggi e ha sentito tutto) accompagna tale cliente (peraltro puzzante assai di alcol, quindi molto probabilmente passibile di denuncia per ubriachezza molesta) all’uscita.
Se uno vuole sfogarsi, va a tirar pugni alla punching ball, non a insultare i lavoratori.
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