A quel punto, gli spiego di nuovo la procedura.
Lui sospira.
Poi prende il modulo e dice:
“Lo compilo. Ma mi firmo già col nome nuovo.
Sennò è un controsenso.”
Se ne va, dignitoso, lento, come un samurai urbano del mercoledì mattina.
Sul modulo, ha scritto:
“Da oggi: Tetsuya.”
Ha barrato “maschio”, “non coniugato” e “nato pronto”.
Io ho finito il caffè.
E ho deciso che, se domani torna, lo chiamo così.
Perché in fondo, ognuno combatte la sua guerra.
Noi timbriamo.
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