Ore 9:07, prima chiamata della giornata. Cuffie indossate, sorriso impostato come se ci fosse davvero qualcuno davanti a cui sorridere.

“Buongiorno, servizio clienti, come posso esserle utile?”

Dall’altra parte un signore, voce roca e tono già infastidito come se fosse lui a dovermi spiegare la vita.

“Buongiorno, senta, mi dite per quale motivo il giorno xx/xx/xxxx mi avete trattenuto 120 euro dal conto?”

Apro la pratica, controllo. Dieci secondi netti. “Guardi, le leggo la causale: ‘Ritenuta fiscale’. Si tratta di un’imposta automatica prevista per legge, è una trattenuta fiscale, insomma… tasse.”

Silenzio. Ma un silenzio denso. Lo riconosco. È il tipo di silenzio che precede il temporale. E infatti…

Parte una scarica di bestemmie articolate in dialetto bresciano stretto, intervallate da insulti sparsi al governo, al fisco, al sistema bancario e a un non meglio specificato zio funzionario dell’Agenzia delle Entrate.

Cerco di mantenere la voce calma, da manuale, anche se ho già il dito sul pulsante “Segnala chiamata”.

“La prego, comprendo che possa sembrare ingiusto, ma davvero non possiamo trascendere. Inoltre… la telefonata è registrata. Se vuole, possiamo ricontrollare insieme.”

Ma lui rilancia. Forte. Convinto.