Sono sopravvissuto.
Anche stavolta, ma la racconto ora dopo anni…
Un’altra tornata elettorale, un’altra sedia pieghevole, un’altra notte a contare croci storte su schede umide di panico.
Ecco com’è andata.
Ore 06:58 – entro nel seggio. Fa più freddo che fuori, e fuori piove.
Il presidente del seggio ha la voce da telegiornale e la pazienza di un criceto.
Siamo in 5. Nessuno ha dormito, tutti fingono entusiasmo civico.
Ore 07:04 – primo votante.
Chiede:
“Scusi, ma posso votare solo il sindaco o anche l’assessore alla viabilità?”
(Poi baratta una biro col timbro.)
Ore 09:12 – uno si rifiuta di entrare in cabina “perché lui è claustrofobico”.
Gli spieghiamo che la cabina è aperta su un lato.
Ore 13:47 – panino numero due.
Ore 13:48 – panino caduto a terra.
Ore 13:49 – panino comunque mangiato.
Ore 17:03 – un signore mi chiede se “può votare anche per il prossimo turno”.
Gli dico no.
Risponde:
“Peccato. Così risparmiavo tempo.”
Ore 23:01 – chiuso il seggio.
Arrivano le schede.
Una ha una X su tutte le caselle e una scritta:
“Mi affido al destino”
(Rendiamola legale, vi prego.)
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