— “Eh, ma io sono come l’erba cattiva… torno sempre. Proprio come Arturo: ogni volta che credevo d’averlo capito, cambiava. E io con lui. È questo che fa durare le storie.”

Mi guardò con uno di quegli occhi azzurri che non riescono a decidere se ridere o piangere.

— “Oggi niente fiori. Oggi basta parlare. Posso stare qui cinque minuti? Tanto lui capisce.”

E rimase seduta vicino al banco, in silenzio. La prima volta in quindici anni di chiacchiere che Ada non disse nulla di Arturo. E io, per rispetto, non chiesi nulla. Le offrii solo una camomilla che avevo nel retro, quasi per restituirle qualcosa.

Ora viene ancora ogni martedì. A volte racconta. A volte tace. Ma ogni volta, prima di uscire, si volta verso di me e dice:

— “Tanto non se ne va mai davvero, sai? Lo tengo qui.”

E si tocca il cuore con due dita, come per controllare che Arturo sia ancora lì.

Lo è.

Sempre.