Oggi è venuto in laboratorio un ragazzo sui 30, tatuaggi ovunque, catena d’oro al collo che urlava anni 2000.
Tipo quella che si metteva mio cugino per andare in discoteca quando si ballava con i Ray-Ban in testa anche di notte.

Arriva, appoggia la catena sul banco e mi fa:
– “È di mio padre. Morto due anni fa. La teneva sempre. Io non riesco a metterla, mi pare di fare il rapper triste. Ma buttarla mi sembra di ucciderlo di nuovo.”

Ho capito al volo.
– “Vuoi trasformarla?”
– “Voglio qualcosa che posso tenere addosso senza sembrare un defi***nte.”

Giusto.
La catena era solida, vecchio oro buono. Lavorazione massiccia, maglie larghe, zero compromessi.
Gli ho proposto un anello semplice, lavorato, ma senza perderci l’anima grezza che aveva la catena.

Ci siamo messi a disegnare insieme. Lui voleva qualcosa “che se lo vedo so che è lui, ma se lo vede un altro pensa solo che è figo”.
Sfida accettata.