Lavoro allo sportello in un ufficio postale di un paesino di provincia. Gente ne passa tanta: pensionati con la pazienza di un monaco tibetano (finché non salta fuori un centesimo in meno), ragazzini che ancora non sanno compilare un bollettino, e clienti abituali che entrano solo per lamentarsi del nulla.
Un giorno, ore 11:45, coda lunga ma gestibile. Entra un signore di corsa, camicia fuori dai pantaloni, cellulare all’orecchio, passo veloce come se stesse entrando in sala operatoria. Si guarda intorno, poi sbotta, a voce alta:
— *Scusate, c’è priorità per chi deve fare una cosa velocissima?*
(Traduzione: voglio passare avanti a tutti per qualcosa che sicuramente non sarà veloce.)
Gli spieghiamo con calma che deve prendere il numero e attendere il suo turno, come tutti. Si offende.
— *Ma io devo solo ritirare un pacco! Un secondo, giuro!*
Gli ricordo, con tono cortese, che **tutti quelli in fila devono “solo” fare qualcosa**.
— *Anche chi deve pagare un bollettino, in teoria ci mette un secondo, ma aspetta come gli altri.*
Si siede sbuffando. Ma non molla.
Ogni due minuti viene al bancone, finge di controllare il numero sul display e poi:
— *Ma è ancora lontano il mio? Perché io ho solo un pacco…*
Commenti recenti