Non so com’è, ma annuisco.
Dopo mezz’ora torna. Stesso sorriso, stessa posa.
> “Fratè… mo una IPA. Però tipo secca, amara, ma che ti accarezza. Capisci?”
“Ne ho una che fa al caso tuo.”
> “Bravo. Tu sei uno che ascolta. I barman che ascoltano sono rari. Gli altri ti servono e basta. Tu, invece, sei un po’ psicologo.”
Gli do la IPA. Beve.
Poi, sempre più filosofico:
> “Ma ci pensi che tutta la vita è come una birra? Se la versi male, fa troppa schiuma. Se aspetti troppo, si smonta. Serve il momento giusto. Capito?”
Lo guardo. Gli rispondo:
> “Sì, e se ne bevi troppe ti ritrovi a parlare con uno che dice queste cose.”
Ride. Mi lascia due euro di mancia.
> “Te li meriti. Per la birra… e per la pazienza.”
Sabato sera, ore 01:04.
Cinque IPA, tre Guinness, due discorsi esistenziali.
Io non ho studiato psicologia. Ma a fine serata, ho ascoltato più crisi di mezza Milano.
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