Allora, lavoro allo sportello dell’ufficio tributi del Comune. Già sento la gente che sbadiglia leggendo solo questa prima frase. Ma ti assicuro che qui dentro succede di tutto.

Tipo quel giorno, un venerdì pomeriggio, quando entra un tizio trafelato, giacca aperta, casco da motorino ancora in testa. Si avvicina al vetro e dice, ansimando:
“Mi serve il modulo per l’IMU. Subito. Tipo… subito subito.”

Glielo passo. Lo prende, lo guarda e poi si blocca. “Aspetti… ma è quello giusto? Cioè… l’IMU per la seconda casa di mia zia, che è intestata a me, ma io non ci vivo, però ci vado ogni tanto, quindi forse… è prima casa? No?”

Gli occhi gli roteano come Google Maps che perde il segnale.

Io cerco di spiegargli, con calma, che non è proprio così che funziona. Che dipende dalla residenza, dall’uso, dalle quote. Ma lui è nel panico. A un certo punto tira fuori il telefono, chiama la zia in viva voce e grida:
“Zia! Ma tu ci vivi o no in quella casa? Perché qua mi fanno pagare una cifra se sbaglio casella!”
Dall’altra parte si sente solo un cane abbaiare e una voce: “Che c’è? Ma io sto dalla signora Angela a prendere i fichi, che ne so!”