Lavoro in una grande catena di negozi di bricolage, fai da te ed affini.
Signore anziano che parla solo in dialetto.
Traduzione ternano-italiano del suddetto signore.
“Oh lè, ndo lì trovu lì spagheddi?”
(ehi ragazzo, dove li trovo gli spaghetti?)
La mia mente inizia a vagare… cosa intende con spaghetti? Cavi elettrici? Cordini? Fascette? Legacci? Fibbre idrauliche?
Considerando una vecchia figura di …..,
perché non avevo la più pallida idea che il frullino in realtà si chiamasse smerigliattice angolare, tento la domanda:
“Scusi, ma cosa intende con spaghetti?”
“Ma come che intendu? Voju lì spagheddi, mi moje me c’ha mannatu a cumpralli apposda.”
(Ma come cosa intendo? Voglio gli spaghetti, mia moglie mi ha mandato apposta a comprarli.”
Panico più totale.
I secondi sembrano ore nella mia testa e le immagini frazionate che vedo davanti ai miei occhi sembrano battaglie nel Vietnam.
“Guardi, le chiamo il mio collega che è più esperto di me, io sono qui da poco (6 mesi) e non so di preciso dove si trovano.”
Tattica collaudata per scaricare sugli altri i propri problemi, non mi giudicate (se mai lo leggerai: i
u robbi) ma soprattutto per guadagnare tempo, tempo prezioso utile ad espiare i miei peccati prima della mia incombente dipartita.
“Buonasera signore, mi dica.”
“Ho chiestu a stu bardascio ndo stannu li spagheddi, m’ha dittu de addomanna datte.”
(Ho chiesto a questo ragazzo dove stanno gli spaghetti, mi ha detto di chiedere a te.”
Vedo la faccia del mio collega assumere una tonalità biancastra. Sarà perchè pugliese e nonostante abiti qui da 30 anni magari non conosce benissimo il dialetto, ma nei suoi occhi vedo la sconfitta più totale, che in confronto Caporetto era un’allegra scampagnata bucolica.
“Ehm signore, quali spaghetti?”