Sul portone del centro medico troneggia un cartello che ricorda, a lettere cubitali, le norme da tenere per via della pandemia (mascherina e distanziamento) e si chiede gentilmente di non citofonare se si arriva prima dell’ora dell’appuntamento, perché lo spazio in sala d’attesa è condiviso con le altre specializzazioni e quindi possono starci poche persone alla volta.

In pratica: arrivi prima? Stai fuori e aspetti.

Non è comunque il mio caso.

Arrivo puntuale, entro, compilo la solita autocertificazione e subito mi chiamano per la visita oculistica che ho prenotato.

Vengo poi rispedito all’ingresso, ad aspettare che il collirio faccia effetto e arriva lui: il genio.

Sfrutta l’uscita di un altro paziente per infilarsi prima che la porta si richiuda e, facendo finta di niente, fa per andare a sedersi.

La receptionist lo vede e lo fulmina subito: “Ma scusi, signore, non ha letto il cartello? E viene qui da 10 anni e ancora non sa che prima ci si annuncia al citofono?! A quanto vedo, poi, lei ha l’appuntamento tra mezz’ora…”

Anche se preso in fallo, il genio non demorde. Si avvicina al bancone da cui arrivava la cazziata, si abbassa la mascherina per farsi sentire meglio e contrattacca: “Ma certo che ho letto, mica sono analfabeta, io! Ma, se poi mi annunciavo, lei mi diceva di aspettare fuori come quell’altra signora e io mezz’ora sotto il sole non la faccio!”