Una volta, a fine lezione, lo sentii suonare da solo una melodia al flauto. Non era il pezzo assegnato. Era qualcosa che si era inventato lui, stonato, imperfetto… ma bellissimo. Aveva la malinconia di una vecchia canzone popolare, e il respiro corto di chi ha il fiatone anche quando sta seduto.
Non gli dissi nulla, mi limitai ad ascoltare. Il giorno dopo, però, gli portai uno spartito semplice e gli dissi: “Questa potresti scriverla tu, un giorno.”
Mi guardò come se gli avessi parlato in una lingua nuova. Poi tornò in silenzio, come sempre.
L’anno dopo si trasferì. Non ho più saputo nulla. Fino a un mese fa. Ero a un piccolo festival musicale, uno di quelli locali. A un certo punto annunciano un certo Giovanni *** (non scrivo il cognome per discrezione), “cantautore emergente”.
Commenti recenti