Gamestop.
Periodo di feste, a ridosso di Natale. Lascio, quindi, immaginare la calca e l’atmosfera generale che aleggia nel negozio.
Cliente di mezza età, con l’aria di chi non ha tempo da perdere, mi porta in cassa un gioco: “Me lo incarti? È un regalo per mio figlio.”
Guardi, non sono attrezzato per fare pacchetti, ma, se vuole, ho a disposizione dei sacchetti di misura perfetta.
Appreso che il sacchetto regalo avrebbe, naturalmente, un costo, il galantuomo inveisce coloritamente e declina la mia offerta.
E fin lì, maleducazione a parte, nulla da dire. Certo, il gioco costa 10€ a farla grande (12€ sacchetto compreso), ma è il pensiero che conta.
Al momento di pagare, però, noto come il gioco in questione richiede necessariamente un abbonamento online, non disponendo di alcuna modalità offline.
Sottolineo ancora una volta la parola ABBONAMENTO, ci servirà per il seguito del racconto.
Faccio notare la cosa al genitore, che mi liquida con un: “Sì sì, abbiamo internet. Vai tranquillo che ci pensa mio figlio.”
Non contento, e memore di esperienze passate, reitero il concetto: “Ne è sicuro? Senza ABBONAMENTO non sarà in grado di giocare. Se preferisce posso consigliarle qualcosa di simile, per evitare inconvenienti.”
La mia disponibilità non viene accolta e il grand’uomo se ne va, baldanzoso.
Spostiamoci avanti di un paio di settimane, appena dopo la riapertura di gennaio.
Orario di chiusura, lo vedo entrare con passo pesante e sguardo assassino. Al fianco, una donna minuta e spaurita, che identifico, correttamente, come sua moglie.