Bar, ore 7.30 di un venerdì mattina. Massima affluenza.
Ogni giorno il nostro pasticciere di fiducia porta il rifornimento richiesto alle 5.40 del mattino. Alla sera, se avanza qualcosa, dividiamo ciò che è rimasto fra noi oppure lo diamo ai ragazzi che vivono in chiesa.
Entra una signora sulla sessantina, è una cliente abituale ed ogni giorno ha qualcosa di cui lamentarsi. Ci sono diversi clienti prima di lei, che fa slalom tra loro per arrivare alla vetrina.
“Senti…”
“Buongiorno signora, mi dia un attimo e sono da lei”.
Sbuffa, spazientita.
Arriva il suo turno.
“Eccomi, prego. Di cosa ha bisogno?”
“Senti, ma perché i pasticciotti sono così scuri?”
“Guardi, probabilmente il pasticciere li ha lasciati in forno più tempo”.
“Mmh, non mi convince. Secondo me avete rimesso in vetrina quelli di ieri”.
“Guardi, signora, che lei è venuta ieri e non li ha trovati. Quindi il suo ragionamento non regge. Desidera altro?”
Che poi, in realtà, anche se avessi messo quelli del giorno prima, la temperatura della vetrina non è quella dei forni dei pasticcieri, quindi sarebbe stato impossibile far “cuocere” ulteriormente i pasticciotti.

“Vabbe’, vorrei 4-5 caffè, me li porti alle 10.30 alla scuola xy”.
“Mi spiace ma non offriamo questo servizio”.
“E perché?”
“Perché ci sono soltanto io e quindi, capirà bene che non posso lasciare il bar incustodito”.
“E vabbe’, che ci vuole? Chiudi il bar per 5 minuti e vieni”.
Lì mi sono buggata, l’ho guardata dritto negli occhi e, nella mia testa, i santi hanno iniziato a scendere.
“No, mi spiace. Se non desidera altro, mi occupo del prossimo cliente”.
Lei, così com’è arrivata, va via.
Purtroppo è tornata di nuovo.