Inizio marzo 2020, Autonoleggio.
Da qualche parte nei paesi scandinavi.
Sono incaricato di ispezionare la macchina al ritorno e revisionare il contratto del cliente, prima della chiusura dello stesso.
È un giorno particolarmente fiacco, perché molti Paesi stanno già andando in lockdown e vietando i viaggi, quindi mi aspetto di avere pochi clienti.
Arriva un signore di mezza età, accompagnato da un collega, a bordo di una Mini.
Appena scende si accende una sigaretta, mentre io ispeziono l’esterno della macchina.
Essendo io una creatura sociale, chiacchiero spesso con i clienti mentre lavoro, ad un certo punto mi chiede da dove vengo, rispondo: “Ah, io sono italiano.”
Fa un salto all’indietro e ride: “Allora devo stare attento che tu non mi passi il coronavirus! E io che ti volevo pure stringere la mano! Ahaha!”
Mentre il collega si copre la faccia, gli do la stessa occhiata che mia madre mi dava quando a 16 anni tornavo a casa ubriaco.
Continuando a lavorare (e lui a prendere per il culo la situazione COVID in Italia), noto cenere di sigaretta sotto il sedile e sul cruscotto (proprio di fianco all’adesivo che dice “vietato fumare”).
A quel punto mi volto verso di lui con un sorriso spacca mascella: “Ma lei ha fumato nella macchina!”
Sorriso nervoso suo: “Ma non è un problema… vero?”