Come diceva sempre Shakespeare, tutto il mondo è un palcoscenico e la cassa del supermercato non fa eccezione. Ecco dunque alzarsi il sipario e, trafelato, un padre di famiglia affannarsi verso il doloroso luogo del pagamento, con le braccia ingombre di articoli, che apre con sollievo e scarica come una cariola sul nastro rotante. Biscotti, tè, fette biscottate, olio d’oliva no logo, assorbenti non di marca. Sui quarantacinque. A occhio e croce due bambini, carpentiere – forse idraulico?-; la moglie l’ha spedito a fare la spesa con una lista che non riesce del tutto a decifrare.
Il nostro quasi eroe, s’è detto più di una volta, lavora alla cassa e tanto desideroso di fare bene il suo mestiere, armato delle più recenti nozioni di marketing, comincia a passare i prodotti sullo scanner. Poi, come sorpreso da una bella pensata, “Buongiorno. Ha la nostra tessera?”
“No”, dice l’uomo, distratto da qualcosa alle spalle del cassiere. Forse lo scaffale degli alcolici. Qualche occhiata furtiva è già stata scoccata in quella direzione. Forse, nella sua testa, la tessera che sta cercando è la giustificazione mancante nel complicato puzzle esplicativo che lo porterà a oltrepassare la soglia di casa con una bottiglia di grappa ma senza uno o due degli elementi elencati sulla lista. Che, ci puó scommettere il suo ultimo centesimo, risulteranno all’esame attento della moglie quelli che non doveva assolutamente dimenticare.
“Con la nostra tessera fedeltà ha 6,5 euro di sconto di benvenuto. Gliela faccio?”