Vi racconto del matrimonio che ancora oggi chiamo “Il Caso del Tableau Maledetto”.
Era giugno, un caldo che ti si appiccicava addosso anche all’ombra. Lei, la sposa, precisissima, aveva pianificato ogni cosa con una maniacalità che rasentava l’ingegneria aerospaziale. Dallo stile dei nastri sui barattolini di miele (dovevano essere color “burro montato” – non panna, non crema, burro montato) al font dei nomi per il tableau: un corsivo francese che nemmeno Google Font riusciva a decifrare.
Ma fin qui, tutto gestibile. Il problema è stato… la zia.
La zia Teresa, per l’anagrafe, ma da tutti chiamata “la Comandante”, perché dove passava lei, cambiava l’assetto delle sedute come in uno stato d’assedio.
Due giorni prima del matrimonio, la sposa mi scrive un messaggio alle 23:37:
“Franci, dobbiamo rifare il tableau. La zia non vuole stare al tavolo con le cugine di mio padre. Dice che una volta, nel ’91, le hanno fregato il piatto di gamberetti e da allora non si parlano.”
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