Apro il cofano, controllo… e mi viene un brivido. L’olio era praticamente sparito. Se avesse fatto altri 20 chilometri così, avrebbe fuso il motore.
Gli dico:
“Ma… quando ha fatto l’ultimo cambio olio?”
E lui, tranquillo, mi guarda e fa:
“Mai.”

“Mai?”

“Mai. Ho preso la patente quattro anni fa. Ma in realtà ho iniziato a guidare solo da poco. Prima guidava sempre mia moglie. Lei era… il motore di tutto, ecco. Io la seguivo. Adesso… tocca a me.”

E mentre dice questa frase guarda la foto sul cruscotto. Non con tristezza, sai, ma con quella dolcezza lì… quella che hanno le persone che hanno perso tanto, ma non vogliono dimenticare niente.

Mi racconta che la Panda è stata comprata da loro due appena sposati, nel ’96. Che lei ci teneva da morire, la lavava ogni sabato, controllava l’olio, portava i figli a scuola, andava al mercato. Lui ci metteva solo la benzina, a volte. “Neanche sempre, eh,” mi dice. “Mi lasciava i soldi, ci pensava lei.”

Poi mi racconta che quando è venuta a mancare, due anni fa, lui ha deciso che non avrebbe cambiato macchina. Non per tirchieria. Ma perché ogni volta che entra lì dentro… la sente. Ha lasciato tutto com’era. Radio su Radio Italia, aria condizionata a manetta anche d’inverno, la sua foto davanti. Dice che guida piano, piano davvero, perché ha paura di rovinarla.
“L’ho portata qui solo perché si è accesa quella… quella teiera.”