Tre giorni dopo è tornata. Stessa giacca, vestito diverso. Più leggero, color senape. Portava i capelli spettinati dal vento, e un sacchetto di fiori di campo in mano.

Mi ha guardata, e senza che dicessi nulla, ha appoggiato i fiori sul banco.

“Sono riuscita a non rispondergli per due giorni interi. Aveva scritto ‘Almeno dimmi se stai bene’. Non gli ho detto niente. Non perché non mi interessa, ma perché oggi sto bene io, per la prima volta, senza doverglielo spiegare.”

Fece una pausa. Io non sapevo cosa dire, ma in realtà non serviva.

“Mi ha sempre detto che da sola non sarei andata da nessuna parte. Invece ieri ho guidato fino a Ostuni senza navigatore. Mi sono anche persa. Ma non mi sono mai sentita più ritrovata.”

Poi ha guardato la Yaris.
“Non so se è amore, ma secondo me la macchina mi vuole bene.”

Abbiamo riso tutte e due. Poi, prima di uscire, si è fermata e mi ha detto:
“Quando sei indecisa su un uomo, su un lavoro, su una città, chiediti: se prendo una macchina e guido, voglio scappare o ci voglio tornare? Le risposte arrivano così.”

E se n’è andata. Con la sua valigia piccola, e tutta una nuova vita nel bagagliaio.

Da quel giorno tengo sempre un vaso vuoto sotto al banco. Non si sa mai.