Lui ci pensa un secondo e poi parte:
“Sì, va beh, ma io manco me lo ricordavo! Cosa ci devo fare adesso con ‘sta roba? Se non vi ho più detto niente vuol dire che non la volevo più, no?”
Lo guardo fisso (mentalmente, ovvio).
“Ma… lei questa merce l’ha pagata.”
E lui, con la sicurezza di chi ha appena detto una cosa intelligentissima:
“E quindi?! Cosa interessa a lei di quello che pago io?!”
Giuro. Mi sono girata verso la collega e ho fatto una faccia che valeva tutto il mese.
Rispondo: “Niente, signor M., per carità… però se lei ci ha fatto un bonifico e non ci ha detto che rinunciava all’ordine, e non ha chiesto il rimborso, noi lo interpretiamo come un acquisto. È così che funziona di solito, o sbaglio?”
“Bah… sarà… Se lo dici tu… ciao.”
E mi ha riattaccato in faccia.
Ora, io capisco tutto. Che uno possa dimenticarsi, che non si legga bene un’offerta, che abbia la testa altrove. Ma pagare centinaia di euro, sparire per due mesi, ricevere la roba a casa e offendersi pure?
Io boh. La prossima volta gliela mando con biglietto:
“Caro cliente, ci perdoni se la trattiamo come se avesse fatto un acquisto.”
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