Vi narro una storia.

PROLOGO
Lavoro in un negozio in una zona alluvionata. Causa rottura di un argine, è entrata nell’edificio quasi un metro eventi d’acqua, portando via roba dagli scaffali, rovesciandone molti altri e ovviamente sporcando ovunque perché è acqua di fiume, quindi non proprio pulita. Più o meno tutto il Paese è messo come noi.
Da 3 giorni siamo dentro, a liberare e a fare il possibile. Primo giorno senza luce, poi il secondo riescono in qualche modo ad accendere almeno quella dei lampadari.

CAPITOLO 1
Porte antincendio spalancate per far uscire tutta l’acqua e il fango. Porta d’ingresso chiusa sbarrata e infangata, ma pulita a livello sguardo. Fuori mobili accatastati, sacchi neri impilati alla meno peggio, fango che scorre ovunque verso le uscite, noi con stivali in gomma che affondiamo ad ogni passo e spingiamo fuori roba, il fango che a momenti ci impregna pure i capelli; le mensole degli scaffali accatastate e melmose all’ingresso.
Siamo ormai sfinite e poi lo sentiamo.
TOC.. TOC..
Ci fermiamo, ci guardiamo tra noi, guardiamo i ragazzi della manutenzione. No, non è stato niente.
Poi di nuovo
TOC… TOC… TOC. Più forte, più insistente.
Una mia collega allunga lo sguardo alla porta d’ingresso e lì con il naso attaccato al vetro c’è una sagoma.
“Ma per entrare, che devo comprare?”.
Ci sono 10 secondi in cui la mia collega resta in silenzio, secondi in cui pensa e spera come tutti che sia uno scherzo.
“Signora, il negozio è chiuso”.
“Eh ma potevate dirlo”. E la figura se ne va borbottando e probabilmente pestando i piedi.

CAPITOLO 2
Un altro giorno. Le cose ormai inservibili continuano ad accumularsi, ma la fine è ancora lontana. Le luci sono accese e questa volta anche la porta d’ingresso è aperta per poter far lavorare la ditta di pulizie e far uscire altro fango che non capiamo da dove sia arrivato. La situazione è la stessa del giorno precedente. Noi infangati fino ai gomiti, le occhiaie che ci contornano lo sguardo perché abbiamo passato la notte a sognare il fiume che si è portato via più di metà negozio, i lavoratori della ditta di pulizie che potrebbero essere scambiati per i RIS. Alzando gli occhi vediamo un’esile figura che come un’anima in pena si aggira tra gli scheletri degli scaffali ormai denudati. “C’è nessuno?”. Corre un mio collega e io per un attimo – non so perché- lo immagino tipo acchiappafantasmi.
“Signora non può entrare, il negozio è chiuso. Siamo finiti sott’acqua”.
“Eh ma io ero venuta apposta”.
Il Ghostbusters mio collega scorta lo spirito fuori dalla porta e io mi chiedo se le luci non siano una sorta di richiamo, come le lampade per le zanzare in estate.
Riabbasso gli occhi e mi preparo a un’altra notte trascinata via dal fango.