A quel punto tira fuori il cellulare, lo sblocca con dita tremanti e mi mostra orgogliosamente la carta d’imbarco.
“Guardi! BRI! Io devo andare a Bristol!”

Prendo il telefono, guardo meglio. La sigla c’è: VCE-BRI.
E le rispondo con tutta la delicatezza che riesco a trovare in quel momento:
“Signora, BRI è il codice aeroportuale di Bari, in Puglia. Non di Bristol, che invece è BRS.”

Silenzio.

Lei sgrana gli occhi, guarda fuori dal finestrino come se da lì potesse ancora sperare di vedere il Big Ben spuntare tra gli ulivi.
“Ma… ma io avevo capito che Bari fosse solo la… traduzione italiana di Bristol!”

Trattengo il fiato.
Le faccio notare, con tutta la pazienza di cui dispongo dopo cinque ore di volo precedente, che su ogni schermo in aeroporto – check-in, gate, boarding – c’era scritto a caratteri cubitali “BARI”.
E che il biglietto che ha acquistato non solo aveva quella dicitura, ma riportava anche l’orario di arrivo coerente con un volo nazionale.

“Ma parlavano tutti in italiano, pensavo fosse normale… Bristol in italiano sarà Bari, no?”