Negozio di telefonia.
Giorno uno:
Arriva Lei, una signora biondo cenere sulla sessantina, inviperita come non mai. Esordisce asserendo di ricevere addebiti extra sul conto corrente. Controllo l’anagrafica e mi risultano attive due sim, entrambe con un telefono associato a rate per un totale di due cellulari, un Samsung ed un Huawei, rateizzati sul conto corrente. Le spiego il tutto, dettagliando i costi di ogni sim, e a rigor di logica ne deduco che gli addebiti di cui parla sono inerenti ad uno dei due cellulari rateizzati.
Ancora più inalberata, la signora sostiene di avere un solo cellulare e di non avere mai ritirato il secondo, il Huawei, anzi, afferma di non averne mai saputo dell’esistenza. Le chiedo cortesemente con che collega avesse fatto il tutto e lei mi dice che si trattava di un ragazzo. L’unico ragazzo che abbia mai lavorato nel negozio da cinque anni a questa parte da circa un mese si è licenziato.
Le rispondo che purtroppo il suddetto non lavora più qui e, non riuscendo a calmarla, l’invito a tornare il giorno dopo per parlare con la responsabile.
Giorno due:
Si ripresenta con espressione torva, evidente dalle rughe sottolineate dall’aggrottare della fronte e dall’incurvatura delle sopracciglia. Salta la fila, giusto un paio di clienti, e si dirige a passo svelto verso me e la mia responsabile, che stava lavorando al mio fianco. Punta il suo indice al mio petto ed esclama:
“Tu! Bugiarda! Mi hai detto che la tua collega non lavorava più qui!!!!”
Le restituisco uno guardo sbalordito e, con le parole asciugatemi in bocca assieme alla saliva, le rispondo:
“Signora, in realtà lei ieri mi ha chiesto di un ragazzo…”
Lei incalza. Le si gonfia la giugulare ed i suoi occhi si fanno infuocati di stizza.
Ormai sta urlando.
“Bugiarda!!!! Devi solo stare zitta!!!!”.
Cedo la palla alla mia responsabile che indaga sull’accaduto e, all’improvviso, la signora bionda estrae dalla borsa il Huawei al cui interno c’è la sua sim che utilizza regolarmente da mesi. Scopriamo che era totalmente consapevole dell’aver richiesto due cellulari in quanto il Samsung si era distrutto e, nonostante l’evidenza del suo essere in difetto, se ne va ancora arrabbiata dopo mezz’ora buona di spiegazioni da parte della mia responsabile.
Prima di uscire totalmente al negozio, si volta in mia direzione scrutandomi da sopra una spalla e sussurra:
“Sei solo una bugiarda”.
Giorno tre:
È passata circa una settimana dai due episodi intercorsi precedentemente.
Sto svolgendo tranquillamente il mio lavoro, assopita dalla mancanza di sonno e tormentata da un profondo mal di testa. All’improvviso, avverto la presenza di qualcuno oltre il bancone. Sollevo lentamente la testa e mi ritrovo davanti lei, con i capelli pettinati all’indietro e il Huawei stretto fra le dita. La vedo evitare lo scontro con le mie pupille, volgendo le sue al pavimento. Traffica un poco in borsa con le mani, ne tira fuori un fazzoletto un po’ appallottolato e poi le chiavi dell’auto. Infine, fra le sue dita insicure mi porge il Samsung accidentato. Prende un lieve respiro, accentuato dal silenzio tombale del negozio vuoto, e trovando il coraggio di incastrare le sue iridi verde bosco nelle mie, più scure, bisbiglia:
“Non è che potresti spiegarmi come fare il backup di whatsapp..?”.
Poso delicatamente la penna sul bancone in formica. Sollevo le spalle, le rilasso, inclino la testa di un lato e, lo devo ammettere, lascio che un accennato ghigno prenda possesso delle mie labbra. Rilascio un piccolo fiato. Lei attende di sentirmi parlare ed io pongo fine alla sua attesa, rispondendole:
“È sicura signora? Sa, essendo io una mentitrice credo proprio che sia meglio che me ne stia zitta!”.
Lascia un commento