Farmacia, ore 18.
Coda lunga, aria un po’ pesante, tutti stanchi. Davanti a me un paio di persone, dietro di me due signore di quelle da salotto ambulante, che non sanno parlare piano nemmeno sotto tortura.

Partono subito con il pettegolezzo del giorno:
“Ma hai sentito della figlia della Giusy? Ha avuto una bambina!”
“Oh, ma pensa! E come l’hanno chiamata?”
“Non vorrei sbagliarmi… ma credo Samantha.”

Pausa teatrale. Poi la sentenza, secca come una scure:
“Ma perché chiamare una bambina come una donnaccia di strada?”

Io lì, immobile, che trattengo a fatica la risata.

Arriva il mio turno. Mi avvicino al banco, faccio l’ordine, ma il medicinale non c’è. La farmacista:
“Vuole che glielo prenoti?”
“Sì, grazie.”
“Perfetto, a che nome lo prenoto?”