Resto immobile due secondi, come quando il cervello ha bisogno di un riavvio di emergenza.
— «Signora, penso di aver capito male… Lei vorrebbe che noi friggessimo i suoi calamari e gamberi?»
— «Esatto!»
— «Mi dispiace, ma non è possibile.»

Lei, scandalizzata:
— «Ma io pago!»

(E dentro di me: “E ci mancherebbe pure che volesse gratis l’uso della cucina…”)

— «Il problema non è economico, ma igienico-sanitario. Non possiamo introdurre alimenti esterni in cucina.»

Alza gli occhi al cielo, come se le avessi appena negato l’accesso a un bene di prima necessità.
— «Ah beh… poi lamentatevi del Covid e delle restrizioni! Siete voi ristoratori che non volete lavorare!»

E, senza darmi il tempo di replicare, afferra borse e gamberi e se ne va, bofonchiando parolacce e insulti degni di un pescatore in tempesta.

Mentre la porta si richiude, un cliente al bancone mi guarda e dice piano:
— «Comunque… poteva essere l’inizio di una rubrica: Porta tu, cuciniamo noi