Supermercato, periodo antecedente il Covid.
Ci si poteva abbracciare e baciare senza problemi. Sono in cassa che batto la spesa a una colonna di gente che definirei “il cliente medio”, ovvero anziani con una fretta terribile, piuttosto sordi e che ti porgono il borsellino degli spiccioli per pagare perché loro non li vedono.
La coda è piuttosto lunga, anche se le casse disponibili sono tutte aperte ed io, per velocizzare le operazioni di cassa, cerco di agevolare il cliente nel recuperare il resto, mettendoglielo direttamente in mano. Ormai lo faccio quasi sempre, è una mia abitudine che velocizza molto lo smaltimento della coda. Se dovessi lasciare le monetine sulla mensola e attendere che il cliente le prenda passerebbero almeno 2 o 3 minuti per ciascuno, che moltiplicati per 50 persone diventerebbero almeno un’ora e quaranta di vita terrena dedicata al “recupero monetine”.
Con un buon ritmo passo decine di prodotti, comunico il totale e incasso la cifra con carte di credito o contanti. Saluto sempre con cordialità e il cliente quando lascia la mia cassa di solito è sorridente. Mi piace scambiare una battuta per rendere l’ambiente sereno e la gente spesso apprezza il mio atteggiamento positivo, capita ogni tanto che qualcuno me lo dica.
Finché non arriva il personaggio sbagliato, quello arrogante e maleducato.
Il personaggio sbagliato questa volta ha le sembianze di donna, non molto alta, capelli lisci e lunghi, cappellino da baseball e sarebbe anche caruccia se non fosse simpatica come un cobra nei calzini quando ti vesti al buio.
La saluto con un bel sorriso mentre appoggia la spesa sul rullo, in risposta un vento siberiano a -56°C e uno sguardo che mi oltrepassa come se fossi di carta velina. Scorgo i suoi denti veleniferi soltanto quando sorride ad un’amica in lontananza e con un cenno della manina la saluta urlandole: “Chicca ci vediamo dopo, ti aspetto qui fuori…”.
Ha un timbro di voce terrificante.