Lei intanto continua a spiegare la fisica del mescolamento del caffè nella schiuma.
Aggiungendolo dopo, si mescola meglio. Capisce? Così il sapore si diffonde senza rompere la schiuma.

A quel punto, col cervello saturo e la macchina del caffè che fischia in sottofondo, decido che no.
Non farò esperimenti con liquidi e proporzioni.
Le preparo un cappuccino classico in vetro, con bella schiuma abbondante e latte montato bene, senza acrobazie da barista acrobatico.

Glielo porgo. Lo guarda. Lo assaggia.
Lo sorseggia lentamente, come se stesse giudicando un vino pregiato.
Poi annuisce.
Ecco, così va bene.

La parte migliore?
Era identico a quello della prima volta, solo che stavolta gliel’ho messo in un bicchiere.

La magia del vetro.
E la certezza che, da barista, prima o poi, dovrai affrontare qualcuno che vuole insegnarti a fare il caffè… senza sapere cos’è un cappuccino.