Ci lavoro da anni, in questo settore. Eppure, nonostante tutto, c’è sempre qualcuno che riesce a sorprenderti. Tipo quella volta che una cliente dal Regno Unito ha fatto un ordine, poi ci ha ripensato e ha deciso di renderlo.
Tutto ok, succede. Appena riceviamo il pacco, processiamo il rimborso. Come sempre, stesso importo, stessa modalità di pagamento. Standard.
Due giorni dopo mi arriva una mail. Oggetto: “FURTO”. Giuro. E dentro, una sfilza di accuse: “Mi avete RUBATO 30 euro, siete dei LADRI, voglio parlarne con la polizia britannica, vi rovino su Trustpilot, su Google, su Facebook, ovunque!”
Ora, primo istinto: rispondere con la stessa moneta. Secondo istinto, quello che mi paga le bollette: respirare, rileggere con calma, e scriverle in modo gentile.
“Gentile cliente, la informiamo che il rimborso è stato già eseguito per l’intero importo pagato. La invitiamo a verificare con la sua banca.” E allego la ricevuta, tanto per chiarezza.
Risposta quasi immediata, piena di furore digitale: “La MIA BANCA mi ha fatto vedere che mancano 30 euro! Siete dei TRUFFATORI!”
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