Bar, orario aperitivo.
Sono sola, perché il capo non c’è e la collega ha finito il turno. Devo gestire la sala e il banco, mi armo di pazienza e sfodero le mie altre 67 braccia alla Dr. Octopus e lavoro. Arrivano 10 ragazzi che si accomodano e una coppia. Prendo le ordinazioni dei ragazzi, 10 Spritz, e poi mi avvicino alla coppia.

“Buonasera, cosa posso portarvi?”
“Ciao, per me una Heineken con bicchiere.”
“Perfetto. E per lei, signora?”
“Senti che birre hai?”
“Guardi ho le classiche: a, b, c, bla bla. Se vuole assaggiare una birra artigianale, invece, ho xy che è ambrata, yz è nera, ml è una rossa, bla bla bla.”
In totale, al bar, ho circa 40 birre, tra le “classiche” e quelle artigianali.
“Ah e la xy quanti gradi ha? E la yz? E il mastro birraio? E dove vengono prodotte? Che sapore hanno? Sono strong?”

E altre mille domande su ogni singola birra. Vedo che il ragazzo la guarda stranito, ma non proferisce parola. Io rispondo al meglio delle mie capacità ed intanto penso ai 10 Spritz che mi attendono al banco. Dopo tutte le mie spiegazioni lei esordisce con:

“Va be’, per me una coca zero. Sai, sono astemia e le birre mi fanno schifo.”
“Scusami e perché le hai fatto tutte queste domande sulle birre?”
“Ah boh, la vedevo preparata e volevo testare la sua preparazione.”

Benvenuti in una nuova puntata de “Non sapevo di essere a scuola”.