Miniclub, villaggio turistico.
Con il mio team gestiamo ogni giorno tra i 200 e i 250 bambini. Un oceano di voci, di cappellini colorati, di risate che rimbalzano tra scivoli e altalene dalle 9:00 del mattino alle 18:30.
Un mondo parallelo, fatto di glitter, pennarelli, colla e canzoncine che ti restano in testa anche nel sonno.
A volte pranziamo con loro, così i genitori possono godersi un po’ di libertà — o semplicemente un’ora di silenzio.
Quel giorno, come sempre, verso le 18:00 iniziano ad arrivare i genitori. Alcuni rilassati, con l’abbronzatura da copertina e il bicchiere ancora in mano; altri già in preda all’ansia serale: “dobbiamo prepararci per la cena, forza, forza!”.
Li salutiamo uno a uno, con la solita routine fatta di sorrisi, abbracci, racconti del giorno:
“Ha mangiato tutto!”
“Ha fatto un disegno bellissimo!”
“Si è innamorato di una bimba del gruppo Girasoli!”
Alle 18:30 il cortile si svuota.
Finalmente, silenzio.
Raduno il mio team per il debrief quotidiano: elenco bambini ritirati, oggetti smarriti, chi ha perso il cappellino, chi ha rubato il pallone. Ma mi accorgo che una collega è ancora inginocchiata per terra, impegnata a costruire con una bambina una torre altissima di mattoncini colorati.
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