Supermercato.
Sono in seconda cassa e sto per chiudere.
Vedo arrivare due signore con un carrello gigantesco e decido di servirle per evitare di far ricreare coda in prima cassa.
Le due (che chiameremo A e B, ed erano insieme) iniziano a mettere le loro cose sul rullo. Le cose scorrono, arrivano fino a me che inizio a passarle.
Dopo 40€ di prodotti passati, A viene da me e mi dice:
“Guardi che questa non è roba mia.”
“E di chi è, mi scusi?”
“Di una signora che se n’è andata.”
Io sinceramente non avevo visto nessun altro oltre a loro due, però non ero certa al 100%.
Alla fine, dopo uno o due minuti passati nell’attesa di questa “signora immaginaria sparita”, annullo lo scontrino.
Al che, A si sveglia dal sonno incantato:
“Ah, ma guarda che questa è roba mia!”
“Ma scusi signora, mi aveva detto che era di un’altra persona che se n’è andata.”
“No, questa è roba mia, ma pensavo che queste cose fossero della signora che se n’è andata, come faccio a sapere se non ha preso le mie stesse identiche cose?”
“Ma scusi se è tutto suo, se è sempre stato tutto suo, perché mi ha detto così?”
“Guarda che questo è il tuo lavoro, devi essere tu a guardare cosa fanno le persone e di chi sono le cose, io faccio un altro mestiere, io faccio il medico.”
Decido di entrare nel mutismo cosmico per evitare stragi.
Ho ancora la testa piena di domande sul senso della vita, ma lascio correre.
Finisco di passare la spesa di A.
Purtroppo il piano della cassa è piuttosto piccolo, non abbiamo scivoli, quindi mi rendo conto benissimo che sia piuttosto scomodo imbustare i prodotti.
Mentre A toglie le ultime cose, inizio la spesa della signora B che fino a quel momento non aveva spiccicato parola.
Mi tengo da una parte i primi tre prodotti della spesa di B, poi, quando il piano è completamente libero, inizio a mettere la spesa di B.
Ed ecco il secondo atto della tragedia.
B diventa una furia.
“Ah, ma non è possibile! Io qui non ci capisco niente, questa non è la mia roba, ma come lavora sta qua!?”
“Mi scusi signora, io sto semplicemente passando le sue cose, avevate messo un divisore, ho finito la prima spesa e ho iniziato la seconda.”
“No, io non ci capisco niente tu non sei capace di lavorare!”
Interviene A, scazzatissima:
“Guarda lascia stare, poi mettiamo a posto a casa, lascia stare me ne voglio andare.”
Riprovo a farmi le mie ragioni, perché veramente io non ho assolutamente mischiato le due spese, ho messo in mezzo le cose di B solo e soltanto quando le cose di A erano tutte nel carrello.
Poi se loro non riconoscono le cose che comprano cosa ne so io.
Atto terzo della tragedia:
“Sei veramente una maleducata, non mi è mai mai capitata una cosa del genere, se non sai fare il tuo lavoro non è certo colpa nostra, io faccio il medico! Hai un atteggiamento scortese!”
E via dicendo…
Giuro che mentre sto scrivendo, e sono passati parecchi giorni, mi sale ancora il nervoso e un senso di ingiustizia.
Perché io non ho fatto niente di male, semplicemente il mio lavoro, e ‘ste due mi hanno fatto passare come una str**a davanti a tutti.
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