Oggi è un tranquillissimo lunedì mattina. Sto facendo lo shampoo ad una cliente, un collega è uscito a bere il caffè e l’altro è in bagno. Tutto va bene.
Entra lui, con moglie e figlie al seguito. Immediatamente tento di porgere i miei saluti, ma prima che io abbia il tempo di proferire parola il gentiluomo, fissandomi dritta negli occhi, esordisce:
Ma allora! C’è qualcuno qua dentro!?
Normalmente la risposta di rito in questi casi, ahimé tutt’altro che rari, è:
No, infatti io non sono qui, quello che sta parlando è il mio ologramma.
Ma è una bella giornata, la vita mi sorride, o semplicemente ho troppo mal di testa per polemizzare.
Un attimo di pazienza e arriva il mio collega.
Sbuffa.
Sono passati appena pochi attimi che il collega puntualmente lo accoglie:
Eccoci, cosa volevate fare?
Altro sbuffo… Comincio a chiedermi se qualcuno gli abbia rapito qualche membro della famiglia per costringerlo a venire da noi. Forse per questo tiene tutta la prole al seguito, per evitare altre disgrazie. Ma ecco che ci illumina, indicando la moglie: “Lei”. Pare un po’ infastidito dal fatto di dover perdere cotanto tempo a spiegarci il motivo della sua visita. Mentre me ne dispiaccio il collega si rivolge alla signora chiedendole nuovamente per quale servizio si trovi qui.
Voglio fare colore, meches, un poco più chiaro… Quanto tempo? Quanto costa?
Dipende, a che tipo di schiariture aveva pensato?
Dopo un paio di tentativi capiamo che la signora fatica ad esprimersi in italiano. Il marito è talmente scocciato da una tale incapacità di lettura del pensiero… e talmente disgustato dall’essere obbligato a trovarsi in un posto così infimo… Che proprio non può aiutarla ad esprimersi. Così il collega chiede se hanno una foto da mostrare per farsi un’idea del lavoro desiderato e poter fare un preventivo il più accurato possibile.
Comincia la ricerca…
Oh su, pio collega, perché così malinconico? Una magnifica attesa si prospetta dinanzi a te, a te eroe designato alla pazienza eterna[…] Gli anni si susseguono, ma ad un vero parrucchiere cent’anni equivalgono a poche ore…
Ma non a me, che osservando la scena si sono ingrigiti i capelli, è arrivata l’artrosi e comincio a non sentire neppure più tanto bene. È addirittura rientrato il collega n°2 dalla pausa caffè e, mentre il collega n°1 ancora attende stoicamente che si aprano le porte della prigione, il secondo serve un cliente arrivato nel frattempo.
È troppo! Come abbiamo osato! Fare… Non so bene cosa… Ma è troppo!
Afferra il telefono dalle mani della moglie:
Non serve più!
Va bene grazie e arrivederci
VOI IL RISPETTO DEL CLIENTE NON SAPETE PROPRIO COSA SIA! NEANCHE UN MINIMO DI ACCOGLIENZA! QUANDO UNO SALUTA SI RISPONDE!
Quando uno saluta… Siii… Già…
Ora mi sento vuota, disorientata. Non capisco se è perché sono stata privata dello spettacolo che già pregustavo di urla e proteste nello scoprire il preventivo considerato troppo salato con minacce di andare da un’altra parte (mi rimborseranno almeno il biglietto?) O se perché il fiero capofamiglia si è defilato prima che potessi fargli i miei migliori auguri per un viaggio verso una meta turistica molto rinomata…