Settembre. Tempo di abbonamenti in palestra.
Tempo di buoni propositi, di “da lunedì dieta” e di clienti che entrano con la stessa energia di chi contratta cozze al mercato.
Ore 10:30.
Sto sistemando schede di allenamento al banco, quando si spalanca la porta ed entra lei.
Sessanta suonati (ma dichiarati cinquantatré con voce da sfida), trucco da prima serata televisiva, bracciali e anelli che tintinnano come un set di percussioni. In braccio, un cagnolino con fiocchetto rosa e lingua penzoloni, espressione da emoji confusa.
— «Sentaaa giovine, ho 53 anni eh, mica sono vecchia.»
(Tradotto: se mi contraddici, muori.)
— «Il dottore mi ha detto che devo fare ginnastica. GIN-NA-STI-CA.»
Sillabato come se la parola fosse un intruso sconosciuto nella sua vita.
Io, sorridente e professionale:
— «Benissimo signora. Qui c’è il listino: trimestrale, semestrale, annuale. Tutto incluso: corsi, sala, personal su prenotazione…»
Lei mi interrompe con gesto regale, senza nemmeno guardare i fogli.
— «Allora: il sei mesi a 250 mi interessa. Ma io glielo dico subito: le do solo 150.»
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