Mia madre è venuta a mancare da pochi mesi. E anche se l’assenza pesa ogni giorno in modo diverso, il mondo — quello burocratico, soprattutto — non si ferma.

A casa continuano ad arrivare lettere, notifiche, e naturalmente… raccomandate. A suo nome.

Ormai so come funziona: si va all’ufficio postale con un documento d’identità e si compila un’autocertificazione, in cui dichiaro di essere erede diretta. A volte il tutto scorre in modo rapido e civile. A volte — beh — dipende da chi trovi allo sportello.

Questa volta mi capita l’impiegata giovane, gentile ma un po’… scollegata, diciamo.

Mi avvicino, biglietto alla mano, raccomandata in tasca.

«Buongiorno, dovrei ritirare questa raccomandata a nome di mia madre, che purtroppo è deceduta.»

L’impiegata prende la ricevuta, la guarda, annuisce e mi fa:

«Perfetto. Allora mi serve una delega firmata da sua madre.»

Un attimo di silenzio. Io respiro. Forse non ha sentito.

«Guardi, come dicevo… è deceduta.»

Lei non sembra turbata, anzi, come se nulla fosse, mi risponde:

«Ah, va bene… Allora si faccia mandare su WhatsApp una foto del suo documento. Basta anche quello.»