Lavoro in un tabacchino da anni.
Ne ho viste tante: gente che grida per 5 euro vinti al Gratta e Vinci, gente che cambia tre volte il numero della ricarica telefonica e poi sbaglia comunque. E poi ci sono quelli che ti restano in testa, anche se non fanno rumore.

Come la signora del Lotto.

È entrata in un pomeriggio lento, con l’aria tranquilla di chi ha tempo e segreti.
Capelli raccolti con precisione, mani curate, borsa piccola. Mi guarda dritto negli occhi e dice:
«Mi fa una giocata al Lotto? Ma non la scelgo io.»
Io:
«In che senso?»
«Mi dica due numeri. I primi che le vengono.»

Non è la prima volta che qualcuno me lo chiede, ma di solito è per scherzo, per gioco.
Lei no. Era seria. Quasi… religiosa.

Sparo due numeri a caso, senza pensarci: 8 e 90.
Lei annuisce.
«Ambo secco su Napoli, grazie.»
Paga, prende lo scontrino e prima di uscire aggiunge, sottovoce:
«Sa, li sognava sempre mio marito. Ma io non li ho mai giocati.»
Poi sparisce.