Anno Domini 2004, Positano.
Baretto sulla spiaggia, sole che spacca le pietre, gente in costume che va e viene con la sabbia appiccicata ai piedi. Io dietro al bancone, ancora giovane e pieno di entusiasmo.
Entra lei: la cliente che conoscevamo tutti, quella che non prendeva mai un caffè senza tirarci fuori almeno tre lamentele e la pretesa dello sconto.
Si avvicina al bancone con aria da ispezione dei NAS e ordina:
«Giovanotto, voglio un caffè in tazza bollente, ma per bollente intendo come il Vesuvio, altrimenti te lo faccio rifare.»
Io, col mio sorriso migliore:
«Signora carissima, buongiorno a lei. Certamente, glielo preparo e glielo faccio portare subito al tavolino dal cameriere. Si accomodi pure.»
Metto la tazzina sotto l’acqua bollente, la scaldo, la asciugo con cura, preparo il caffè e chiamo il cameriere. Dopo trenta secondi, eccola di nuovo davanti a me, caffè in mano e faccia scura.
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