C’è chi si offende se gli fai saltare la coda.
E poi c’è chi si offende anche se glielo fai con gentilezza.
Domenica sera, pieno luglio, 30 gradi fuori e 35 dentro. Gelateria piena, bimbi che piangono perché volevano la panna “ma quella finta”, genitori stanchi, zanzare che chiedono il cono triplo.
La mia collega è alle prese con cinque ragazzi che vogliono la vaschetta “con gusti separati, ma senza che si tocchino, eh”. Io sono al banco granita, cerco di sopravvivere.
Entra un signore sulla sessantina, camicia stirata, occhiali da sole ancora addosso nonostante siano le 21:40.
— “Una granita al limone, grazie.”
Gliela preparo, gliela porgo, e lui con nonchalance prende e si dirige verso l’uscita.
— “Ora viene mia moglie a prendere il gelato e paga tutto!”
E se ne va. Così. Con la granita in mano.
Io resto lì con lo scontrino sospeso e un’espressione da “…ok?”
Nemmeno il tempo di riprendermi che si presenta un altro cliente, uno abituale, per fortuna.
Sta per ordinare, ma lo blocco con un mezzo sorriso:
— “Scusi, ma ho una famiglia in sospeso.”
Ride, capisce, si mette da parte. Entra finalmente la moglie del tipo.
Mi si avvicina indicando con un gesto ampio tutta la gente in attesa:
— “Devo prendere il gelato… ma c’è tutta questa fila, eh?”
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