Entro in questo piccolissimo negozio di abiti per cerimonie, uno di quelli che se ci entri in due devi girarti di lato per passare.
Sono già sconsolata: ne ho girati almeno trenta quel giorno, provato di tutto — e quando dico “di tutto” intendo anche modelli che neanche nel Carnevale di Rio troverebbero spazio.
Respiro, mi avvicino alla commessa e, con la gentilezza rassegnata di chi ormai non ci crede più, le dico:
— «Devo fare da testimone. Vorrei un abito il più semplice e liscio possibile. Monocolore, non colori pastello, lo preferirei scuro. Lunghezza… più o meno vicino al ginocchio.»
In testa penso: Sembrano tante richieste, ma se ci si mette di impegno, me ne proporrà due o tre al massimo.
Lei mi guarda, sorride e dice:
— «Ho capito bene cosa intendi.»
Si gira, toglie un solo abito dalla gruccia.
Lo provo. È perfetto.
Lo compro all’istante.
Nove anni dopo.
Di nuovo tocca a me fare da testimone.
Il primo negozio in cui vado? Ovviamente il loro.
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